venerdì 30 dicembre 2016



La Madre-Materia-Terra di cui parla Bachofen, principio sessuale e spirituale che informa hegelianamente un'epoca ed una civiltà -e che sembra riprendere l'hegeliano in sé- viene reinterpretato da Jung come Inconscio; parallelamente lo Spirito-Padre -qui Bachofen è più vicino lessicalmente al filosofo tedesco- diviene in Jung CoscienzaDalla Madre-Inconscio sorge dunque secondo Jung lo Spirito-Coscienza, che deve assumere come proprio questo fondo insondabile e insuperabile, alimentandosene, nutrendosene, facendo scorrere la sua energia vitale nelle proprie forme, senza riconfluire in esso. Jung sembra rappresentare questo confronto dell'individuo con l'Inconscio come lotta, scontro, e trova nella figura dell'eroe che si batte con il mostro il suo simbolo. Questo scontro non si conclude però con la distruzione, con l'annientamento della dimensione inconscia: al contrario, si tratta come detto di riconoscerla come fondante, utilizzandone quale inesauribile risorsa la straordinaria energia. Sarebbe interessante raffrontare il rapporto agonistico Conscio/Inconscio tratteggiato da Jung, con quello, altrettanto agonistico e insuperabile, tra Terra e Mondo che Heidegger presenta in Origine dell'opera d'arte. Ugualmente suggestivo sarebbe poi il raffronto tra Jung ed Evola, nella reinterpretazione appropriativa in chiave moderna vuoi della tradizione sapienziale d'occidente, vuoi del pensiero orientale. Una reinterpretazione quella di Evola che conserva la sua radice idealistico-hegeliana, per quanto fortemente mescolata alle correnti dell'irrazionalismo reazionario, nel primato del Maschile-Spirito che virilmente vince e domina la Materia, il Femminile, l'Inconscio, nega cioè e soggioga questo unico antitetico principio.





Mise au jour



Direttamente dal quel testo miniera che è per me Libido, simboli e trasformazione, poi Simboli della trasformazione, di Carl Gustav Jung, riguardo -se non altri- il sottoscritto:

"Il simbolismo dell'acqua e dell'albero designa ugualmente la libido ancorata all'imago della madre. In alcuni passi fondamentali dell'Apocalisse traspare questa nostalgia e quest'anelito alla madre."

"Il significato materno dell'acqua è una delle interpretazioni simboliche più chiare della mitologia. Gli antichi Greci dicevano: Il mare  è simbolo della nascita. Dall'acqua viene la vita."

 "Nei sogni e nelle fantasie il mare, o una qualsiasi vasta distesa d'acqua, significa l'inconscio, in quanto quest'ultimo -specie nell'uomo- può essere considerato madre o matrice della coscienza. In tal modo l'inconscio, quando interpretato in riferimento al soggetto, ha al pari dell'acqua significato materno. 
Un significato materno frequente quasi come quello dell'acqua è il legno di vita e l'albero di vita."

"La forza vitale psichica, la libido, prende il simbolo del sole, ed oltre al sole anche la sessualità può essere utilizzata per simboleggiare la libido."

"Gli aspetti più svariati della forza vitale psichica, dell'elemento "straordinariamente potente", della personificazione del concetto di mana convergono nella figura del dio indù Rudra: il sole fiammeggiante, dal bianco splendore, lo splendido elmo, il toro possente procreatore.
La libido si esprime anche nell'immagine del sole, della luce, del fuoco, della sessualità, della fertilità e della crescita." 

"I simboli non sono già i segni o le allegorie che stanno per qualcosa di conosciuto, essi tentano al contrario di indicare qualcosa di poco conosciuto, o di completamente sconosciuto. In questo regno cessa il significato stabile delle cose. Qui l'unica realtà è la libido."

"Esso -il simbolo- convince in virtù del numen, cioè dell'energia specifica propria dell'archetipo. L'esperienza dell'archetipo non è solo impressionante, ma tocca e prende possesso di tutta la personalità."






giovedì 29 dicembre 2016

Ancora su Foscolo



Leggendo queste righe di Jung, mi è venuto subito in mente l'esule Foscolo e la sua insuperabile, sempre insoddisfatta aspirazione a riunificarsi con la Madre-Terra-Patria-Materia:"Gli eroi sono spesso viandanti, l'andare errando è immagine dell'anelito incoercibile, del desiderio senza sosta che mai trova il suo oggetto, della ricerca della madre perduta."




sabato 24 dicembre 2016

Imo





dentro l'acqua gelida incarcerato, giù 
a sprofondo, nello 'nfernale addiaccio





domenica 18 dicembre 2016

FOREVER



Ai sepolcri imbiancati (di rosso)

sabato 17 dicembre 2016

Mitici



Fare musica perché si deve fare musica,
dire delle cose perché si deve dire delle cose:
poco rassicuranti, veri

venerdì 16 dicembre 2016

Il coltello che torna




Ancora una volta, ho assentito (questo
poi alla fine cerco) e m'hanno aperto
senza volerlo con un coltello il petto;
quindi han frugato tranquillamente
dentro, come in una caverna
inattesa e domestica, finendo
col trovare alcuni, dicono, del fuoco
immagini enormi d'animali, altri
purissimo vuoto


***


l'abisso, il coltello
nel costato è la caverna
una piaga caliginosa e luce
e sangue inesauribile radice
cheta prima e dopo
la verità che proprio non ha un verso
                                        un filo
affiora come fa una vena
di metallo preziosa tra le scorie
e scorie ancora e scoria spesso pare


***


Ecco che viene 
verso di te, con il coltello in mano 
d'un azzurro ultraterreno e t'apre
intero il petto: entrino dunque le nuvole 
nella ferita a sciami, restino pure 
                                          lì a guardare 
tu che le guardi fatto solo specchio
nell'occhio nella parola specchio nel petto
purissimo di cielo invaso tacendo




Poesie per i poveri di spirito - LT2016


L'equilibrio che non ho
non posso stare fermo 
quando aspetto l'ascensore
non saluto nessuno dei colleghi
la sempiterna voglia di picchiare qualcuno

I veccchi che ti aspettavi
morti , e te li ritrovi vivi
(e viceversa)


 (Sedie by LT2016)

Lascia








Inghiottimi lascia
ch'io dentro te scompaia
senza resto né fine
né fondo


mercoledì 14 dicembre 2016

Abbacinante





"Qui si può considerare anche il significato della nudità della donna divina nel suo aspetto "Durga": è il nudo abissale afroditico. La donna appare in essa come l'incarnazione della Prakrti, la femmina divina e la sostanza primordiale nascosta sotto le infinite forme della manifestazione (la si traduce spesso Natura, oppure Materia); nuda, la donna significa questa stessa sostanza sciolta da ogni forma, cioè nel suo stato"vergine" e abissale. Una danza originariamente sacra, come la danza "dei sette veli", dal fortissimo significato rituale e simbolico, indica proprio proprio lo sciogliersi via via dalle varie determinazioni o condizionalità ad esse riferentesi, concepite come tante vestimenta o involucri da gettar via, fino a raggiungere lo stato di completa "nudità", dell'essere assoluto e semplice, che è solo se stesso; significa il denudarsi della potenza femminile da tutte le sue forme fino a manifestarsi nella sua elementarità, nella sua sostanza "vergine" anteriore ad ogni forma."


(J.E.)

venerdì 9 dicembre 2016

A margine di alcune prose estive








Cercando in rete qualcosa a proposito del sentimento oceanico (Rolland), sensazione mistica di fusione/unità con il tutto che fonderebbe il sentimento religioso, mi sono imbattuto per caso in un articolo dal titolo La nostalgia dell’oceano, Guglielmo Campione, dove si può leggere:


"Rifacendosi a Haeckel Ferenczi dice che la nascita dell’uomo è contrassegnata dal trauma: una catastrofe e che i frammenti di questa storia perduta sono conservati come geroglifici nella psiche e nel corpo. Ferenczi propone di applicare ai grandi misteri della Genesi della specie il metodo di decifrazione psicoanalitico usato per comprendere i piccoli misteri della storia individuale.
Nelle produzioni psichiche individuali e collettive con grande frequenza si assiste all’immagine del pesce che nuota nell’acqua. Secondo Ferenczi questo simbolo sta contemporaneamente sia per significare il coito che la situazione intrauterina.
Ma aggiunge Ferenczi, non potrebbe darsi che questo simbolismo esprima anche una parte di sapere filogenetico inconscio relativo al fatto che discendiamo da vertebrati acquatici ? (il famoso amphiouxus lanceolatus antenato di tutti i vertebrati e anche dell’uomo secondo le teorie in voga nel 1924).
Tutta l’esistenza intrauterina dei mammiferi superiori non sarebbe altro che una ripetizione dell’antica forma di esistenza acquatica.
La stessa nascita rappresenterebbe la ricapitolazione individuale della grande catastrofe che con il prosciugarsi degli oceani ha costretto numerose specie animali a d adattarsi alla vita terrestre e rinunciare alla respirazione tramite branchie per sviluppare i polmoni.
Citando Bolsche allievo di Haeckel secondo cui gli antenati dei genitali maschili sono i Pasci e che per la salamandra il corpo materno diventa l’equivalente dello stagno, Ferenczi arriva ad azzardare che placenta e amnios sono gli equivalenti del modo di vita acquatico del pesce.
“Alcuni aspetti del simbolismo dei sogni suggeriscono l’esistenza di una profonda analogia simbolica tra il corpo materno e l’oceano da una parte, la terra madre nutrice dall’altra. L’uomo prima della nascita sarebbe un endoparassita acquatico e dopo la nascita un ectoparassita aereo della madre, per un certo periodo. Anche la terra e l’oceano erano i precursori della maternità e costituivano essi stessi una organizzazione protettrice, avvolgendo i nostri antenati animali.
Il simbolismo marino della madre è più arcaico di quello della Terra, più tardivo, dove il pesce gettato dal prosciugamento degli oceani ha dovuto adattarsi per il tempo necessario a trasformarsi in anfibio.
Numerosi miti primitivi cosmogonici rappresentano la terra che emerge dagli oceani.
Il fatto di essere salvato dalle acque e di galleggiarvi può simboleggiare sia la nascita (il parto, l’approdo sulla terra) che il coito mentre cadere nell’acqua costituisce il simbolo ancora più arcaico: il ritorno all’utero.
La leggenda del diluvio universale potrebbe essere rovesciata: la prima grande minaccia è il prosciugamento e l’emersione della terra dell’Ararat sarebbe la catastrofe originaria lì dove l’arca di Noè rappresenterebbe il corpo materno che contiene la vita.
Ferenczi si pronuncia a favore di Lamark contro Darwin in quanto più centrato sulla psicologia e sul ruolo che le tendenze e le pulsioni interne hanno nella filogenesi ed in quanto Darwin non spiega, se non con il caso, la presenza di ripetizioni di forme e modalità di funzionamento che si presentano nelle nuove forme di evoluzione. Non c’è evoluzione senza motivazione interna, dice Ferenczi, né cambiamento che non corrisponda all’adattamento a una perturbazione esterna.
Il desiderio di tornare all’oceano abbandonato nei tempi primitivi, la Regressione Talassale, un ambiente umido che contiene sostanze nutritive.
La madre è il simbolo e il parziale sostituto dell’Oceano e non l’oceano della madre.
Il liquido amniotico raffigura l’oceano introiettato nel corpo materno, dove, l’embrione nuota come un pesce nell’acqua."


Dal sito http://www.psychomedia.it/pm/grpind/sport/campione3.htm






mercoledì 7 dicembre 2016

Aiazzone



Una inesauribile miniera

domenica 4 dicembre 2016

Furia, ripetizione, (mono)mania dell'interpretazione. Foscolo 1






Per una rilettura dei tre più noti sonetti foscoliani



Nè più mai toccherò le sacre sponde
    Ove il mio corpo fanciulletto giacque,
    Zacinto mia, che te specchi nell’onde
    
4Del greco mar, da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
    Col suo primo sorriso, onde non tacque
    Le tue limpide nubi e le tue fronde
    
8L’inclito verso di Colui che l’acque

Cantò fatali, ed il diverso esiglio
    Per cui bello di fama e di sventura
    
11Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
    O materna mia terra; a noi prescrisse
    
14Il fato illacrimata sepoltura.

Indubbiamente, riprendendo i sonetti più noti -scolastici persino- di Foscolo, come A Zacinto In morte del fratello Giovanni, ci si ritrova il tema, francamente lontanissimo, dello struggente sentimento dell'esule per la Patria, per la Terra Natale, come pure quello stavolta comprensibile della lontananza dagli affetti più cari. A rileggerli, però, questi sonetti, dietro la Patria sembra apparire la Grande Madre, l'Archetipo Materno del quale la Patria pare incarnazione particolare, forma storica determinata (come la Grande Dea primitiva ed orientale, come la Terra, la Natura, la Materia, )solitamente accompagnate dall'apposizione Madre; un Archetipo quindi politicamente mobilitante e produttivo, un intenso Archetipo anche politico, tanto profondo e violento da richiedere il sacrificio pubblico della vita. C'è comunque in Foscolo un acutissimo senso della separazione da un principio femminile, con il quale si desidera riunirsi ma che sappiamo irraggiungibile; un principio generatore che ci ha prodotti e dal quale siamo irrimediabilmente separati, per essere consegnati ad un'esistenza di irrequietezza e insoddisfazione, date appunto dalla lontananza rispetto all'Origine/Madre:  più mai toccherò le sacre sponde/ Ove il mio corpo fanciulletto giacque,/Zacinto mia.E difatti nel mare greco nasce la produttività femminile per eccellenza, Venere, della quale Zacinto porta nella fecondità il segno. Solo contatto possibile con il principio materno e femminile si ha però attraverso la poesia, unica forma del ritorno all'Origine è mediante la pratica poetica: Tu non altro che il canto avrai del figlio,/O materna mia terra;a noi prescrisse/Il fato illacrimata sepoltura. Perché questo improvviso plurale maiestatis? Forse perché non si riferisce solo a sé, ma a tutti noi? A tutti gli uomini, infatti, il fato impone, pone davanti il duplice aspetto dell'archetipo femminile, quello positivo della Terra che genera e quello negativo della Terra che distrugge e riassorbe: il testo principia con il corpo che fanciulletto giacque e si chiude con l' illacrimata sepoltura, appunto, dove la Madre Terra si fa, per tutti, alla fine Terra Straniera. Siamo davanti ad un principio psicologico ed esistenziale -di più: ontologico- sentito, denominato come femminile e sacro, la separazione dal quale costituisce la nostra nascita ed al tempo stesso fonda la nostra sofferenza ed insoddisfazione; solo il canto poetico riattinge l'origine.


Foscolo 2

    

      Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
     Di gente in gente, mi vedrai seduto
     Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
     Il fior de' tuoi gentili anni caduto:

     La madre or sol, suo dì tardo traendo,
     Parla di me col tuo cenere muto:
     Ma io deluse a voi le palme tendo;
     E se da lunge i miei tetti saluto,

     Sento gli avversi Numi, e le secrete
     Cure che al viver tuo furon tempesta;
     E prego anch'io nel tuo porto quiete:

     Questo di tanta speme oggi mi resta!
     Straniere genti, l'ossa mie rendete
     Allora al petto della madre mesta.


La poesia però non solo ricollega all'Origine, ail principio femminile produttivo, alla Terra intesa come generatrice: la poesia rende materna, accogliente e umana anche la terra finale, quella della sepoltura:


Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l'armonia del giorno,

se può destarla con soavi cure

nella mente de' suoi? Celeste è questa

corrispondenza d'amorosi sensi,

celeste dote è negli umani; e spesso

per lei si vive con l'amico estinto

e l'estinto con noi, se pia la terra

che lo raccolse infante e lo nutriva,
nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall'insultar de' nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi un sasso il nome


Tomba e poesia coincidono: l'una e l'altra fanno rivivere ciò che non è più, fanno convivere quello che è morto con quello che è vivo: una concezione sostanzialmente sciamanica della poesia. Attraverso le tombe e la poesia la terra ridiventa, anche alla fine, madre, in quanto piange i propri figli caduti, ed offre loro finalmente la pace. Lmadre mesta  al cui petto il poeta invita a rendere le sue ossa, fonde e condensa, in modo direi palese,  la figura della madre e quella della terra; una madre-terra nella quale trovare finalmente anche lui -traverso la morte- come il fratello pace ( E prego anch'io nel tuo porto quiete), dopo la tempesta e l'inquietudine insuperabili dell'esistenza. Attraverso la poesia/tomba la Terra cessa d'essere straniera e ridiventa madre: in questo sonetto Foscolo compie esattamente quel suo prefigurato star seduto/ Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo.

E' attraverso poesia che la madre (terra) parla col cenere muto del figlio.
E' l'immaginata presenza del poeta sulla tomba del fratello che riconcilia la Madre/Terra con il figlio morto, il colloquio tra questi ultimi avviene per mezzo del poeta (la madre [...]Parla di me col tuo cenere muto). E'soltanto attraverso la mediazione della poesia che la Terra, la Materia, il Principio Femminile ridiventa accogliente e materno, rendendola appunto madre pietosa (nel suo grembo materno ultimo asilo/porgendo): è questo che consente nella morte di raggiungere la quiete, la pace (nel tuo porto quiete). La morte materna, la morte pietosa, non la morte-negazione assoluta che cancella ogni traccia di ciò che è stato (involve/tutte cose l'obblío nella sua notte), ma che conserva memoria dei morti attraverso il canto poetico. O meglio, mediante la tomba dalla quale sorge il canto (mi vedrai seduto/ Su la tua pietra; mendico un cieco errar sotto le vostre/ antichissime ombre, e brancolando/ penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne,/ e interrogarle. Gemeranno gli antri/ secreti, e tutta narrerà la tomba -I Sepolcri -). E' quest'ultimo, il canto, la poesia a costituire la vera duratura tomba del defunto, che lo fa rivivere come spirito e memoria. La Terra diventa materna attraverso la poesia che ricorda e piange coloro sono stati e non sono più, e continuano ad essere come coloro che non sono più: al tempo stesso dunque sono e non sono. Pare proprio la negazione determinata hegeliana, la negazione dialettica, che nega, conserva e sublima/supera ciò che ha negato: aufhebung. Ed in questo punto Foscolo incrocia il pensiero a lui contemporaneo -Hegel appunto- con una concezione religiosa arcaica come lo sciamanesimo, una religione centrata sul rapporto con gli spiriti dei defunti, che lo sciamano rievoca e con i quali parla. Lo sciamanesimo e Maurice Blanchot, con la sua teoria -influenzata dall'hegelismo- della letteratura come morte, del linguaggio come realtà disincarnata.

Foscolo 3

      




     

     Forse perché della fatal quïete
     tu sei l'immago a me sì cara vieni
     o Sera! E quando ti corteggian liete
     le nubi estive e i zeffiri sereni,

     e quando dal nevoso aere inquïete
     tenebre e lunghe all'universo meni
     sempre scendi invocata, e le secrete
     vie del mio cor soavemente tieni.

     Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
     che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
     questo reo tempo, e van con lui le torme

     delle cure onde meco egli si strugge;
     e mentre io guardo la tua pace, dorme
     quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.



Credo proprio, cioè sono convinto, che questo sonetto potrebbe benissimo intitolarsi Alla poesia; come ripetutamente detto, infatti, la poesia è intrecciata alla morte, davvero imago mortis, figura della morte. Non solo sorge, la poesia, come detto da essa, conservando il ricordo di coloro che non sono più, della morte è anche prefigurazione, in quanto fa Vagar [...] co' [...] pensier su l'orme/ che vanno al nulla eterno, anticipa cioè l'esito della fine; essa pure acquieta le angosce e le inquietudini che contrassegnano l'esistenza, anticipando anche in questo la pace finale, la fatal quiete che è la morte. Per Foscolo come detto l'esistenza significa separazione dal principio generatore femminile, è negazione e si presenta quindi come esiglio, cura (cioè angoscia e affanno), tempesta, sciagura, guerra. La morte è dunque, hegelianamente, negazione della negazione, che diviene negazione materna, umana, determinata per usare il linguaggio hegeliano, grazie alla poesia, che conserva attraverso il canto ciò che è morto/negato, esattamente come morto/negato. La poesia, anche per la quiete che produce -nel poeta e nel lettore- è morte in vita: petite mort.


giovedì 17 novembre 2016

poesie per i poveri di spirito Lt2016

Scelta della partner. Requisiti.
Bellezza preraffaelita
 Reattività ai messaggi


John William Waterhouse - La Belle Dame sans Merci (1893)

 

 

by lt2016


venerdì 11 novembre 2016

Ri-leggendo.. ( LT2016 )

Rileggendo  la poetessa Sara Ventrone


In certi mondi sublunari, le parole e l'amore - sopratutto l'amore - si riducono al minimo (la fiammella dell'Eros, la fiammella del Logos) Solo a tratti, accese. 
A tratti, come la canzone di GLF.
Con le cannule nel naso,
ci lasciamo e parliamo da soli
Non ci sono Angeli trasformati in Diavoli come Lucifero a
farci compagnia.
Sublunari.
Brani ancora da eseguire.

LT2016

Olio su tela di Cathy Josefowitz, "senza titolo"...

sabato 5 novembre 2016

Risalire




"Risalire", uno dei miei verbi prediletti e conseguentemente più di frequente usati: un movimento questo più  temporale che spaziale, moto a ritroso verso l'origine, verso l'elementare.
Leggo che per Freud la pulsione sessuale, la pulsione di vita non è che questa ripetizione del principio, nient'altro che coazione al semplice e al primo; per Caillois la festa realizza invece il dispendioso ritorno al Caos originario, al tempo iniziale; altrettanto per Eliade il rito reitera l'origine; e ancora, per i (neo)platonici conoscere significa risalire i gradi dell'essere, fino alla fonte prima: è un movimento teoretico-esistenziale regressivo, vitale ed esaltante verso il principio.
Sapere è ricordare l'inizio: Platone trapassa in Proust.
Ma se il Primum è l'inorganico, la semplicità inorganica, muovere in questa direzione coincide con..? 

Lossia


lunedì 31 ottobre 2016

Terminus radioso

à lire



«Ogni mese infatti, la pila andava alimentata. Si apriva il pesante coperchio che chiudeva il pozzo e si lasciava oltre la ghiera parte della robaccia parcheggiata lì per una o due stagioni, tanto per far vedere che non si agiva spinti dall’emergenza e che non ci si faceva affatto impressionare da qualche misero radioisotopo. Tavoli e sedie, apparecchi televisivi, carcasse bituminose di vacche e vaccari, motori di trattore, maestre carbonizzate, dimenticate nelle loro classi durante il periodo critico, computer, spoglie fosforescenti di corvi, talpe, lupi, scoiattoli e cerbiatti, abiti all’apparenza impeccabili, ma che bastava scuotere perché si volatizzassero in un nugolo di scintille, tubetti di dentifricio rigonfi di pasta che sobbolliva senza posa, cani e gatti albini, conglomerati ferrosi che continuavano a mugghiare in fondo alle viscere del loro fuoco, mietitrebbiatrici nuove di zecca che non avevano avuto il tempo di essere inaugurate e che a mezzanotte scintillavano come sfilando in parata sotto il sole, forconi, rastrelli, sarchietti, asce, scortecciatrici, fisarmoniche che sputavano più raggi gamma che melodie folkloristiche, assi di abete simili ad assi di ebano, stacanovisti tirati a lustro, la mano mummificata intorno al diploma, dimenticati durante l’evaquazione della sala delle feste. Registri contabili con le pagine che giravano da sole, giorno e notte. Il denaro dentro la cassa, le monete sonanti di rame che tintinnavano senza che nessuno vi si accostasse. Questo era il genere di cose che venivano scaraventate nel vuoto»


écouté



in poche parole


- Mi scusi: potrebbe essere un po' meno approssimativo

-Lei mi chiede, in poche parole, di non esistere






quindi l' azzurro contagioso e un baco dentro

un crollo proprio in mezzo al vigore delle foglie

al folto trionfo, per quanto non sia chiaro affatto

                                                         di chi il trionfo




domenica 30 ottobre 2016
















la dissoluzione il negativo il solve
Kalì il furore l'ombra la nigredo



sabato 29 ottobre 2016

Qualcosa....



Il mondo è un animal grande e perfetto,
statua di Dio, che Dio lauda e simiglia:
noi siam vermi imperfetti e vil famiglia,
ch'intra il suo ventre abbiam vita e ricetto.

Se ignoriamo il suo amor e 'l suo intelletto,
né il verme del mio ventre s'assottiglia
a saper me, ma a farmi mal s'appiglia:
dunque bisogna andar con gran rispetto.

Siam poi alla terra, ch'è un grande animale
dentro al massimo, noi come pidocchi
al corpo nostro, e però ci fan male.

Superba gente, meco alzate gli occhi
e misurate quanto ogn'ente vale:
quinci imparate che parte a voi tocchi.





Quattro angioloni co le tromme in bocca 
Se metteranno uno pe cantone 
A ssonà: poi co ttanto de vocione 
Cominceranno a dì: "Fora a chi ttocca". 

Allora vierà su una filastrocca 
De schertri da la terra a ppecorone, 
Pe ripijà ffigura de perzone 
Come purcini attorno de la biocca. 

E sta biocca sarà Dio benedetto, 
Che ne farà du' parte, bianca, e nera: 
Una pe annà in cantina, una sur tetto. 

All'urtimo uscirà 'na sonajera 
D'angioli, e, come si ss'annassi a letto, 
Smorzeranno li lumi, e bona sera. 



Campanella, Belli: meditazione animalità grottesco antiumanismo 

mercoledì 26 ottobre 2016

Loris J. Bononi -tra G. D'Annunzio e G.L. Ferretti, con la benedizione di Pasolini-



Magari per caso trovi in qualche improbabile biblioteca un libretto dalla copertina grigio-rigida, di casa editrice sconosciuta e d'altrettanto sconosciuto autore, il titolo tra lo sfuggente e l'evocativo, Diario postumo. Lo apri e leggi un singolare breve brano, di Verga: vi ho spiegato il motivo del mio silenzio. Sono un uomo dell'altro mondo. Non pensate più a me. Poi:

"Nella notte avrebbero dovuto radunarsi gli spiriti in contumacia, risuscitare i morti nell'ora del giudizio. Baraonda a precipizio dentro al fuoco dell'inferno, tribola tribola tutto l'inverno, ora che questo era passato, chi è stato è stato. [...] 

Il sole sparpagliava in testa i pensieri dell'oggi e del domani; inchiodava le ombre che sembravano dei morti in piazza. [...] Avevamo mangiato pane olio e sale, e bevuto.   Un'acqua che spacca i denti.
Il sole puntava dritto, non lasciava vergine alcuna ombrosità; la penetrava, la faceva sbiadire, la cancellava dalla faccia del mondo. [...]

Intanto ero morto, ascoltavo il rosario delle donne, guardavo gli uomini neri dritti sulla mia porta. Entrava un filo d'aria dalla finestra, increspava la luce dei ceri, mi prendeva un brivido, avrei voluto dire -chiudere, la corrente- ma i morti non sentono non vedono non amano non importa niente ai morti, e di là, tutte le cose sono a fin di bene, al disopra di ogni altro bene. Mi prendeva l'odore della cera, pensavo adesso starnutisco, così capiranno che la finestra andava chiusa. Non farlo; tua madre si dispiacerà di saperti raffreddato [...]

Penetrava una luce viola, riempiva la stanza, mi prendeva era intensa forte insostenibile, chiudevo gli occhi. Il buio mi entrava, fingevo di non vedere ascoltavo. Ma il buio è una luce che penetrata rischiara. [...]

Sono tornato non sono andato non c'era posto là sul sagrato nella grancasa del padreterno insempiterno."

Secondo Pasolini, leggo, un grande.

Prosegue -forse solo: non me ne vengono altri in mente- il D'Annunzio del Notturno: la stessa atmosfera, le immagini, persino gli odori, i colori.

E precede G.L.F.: "chi c'è c'è e chi non c'è non c'è/ chi è stato è stato e chi è stato non è".




venerdì 21 ottobre 2016

Rumors da Plutarco, Vite parallele Vita di Alessandro Magno

 rumors


No. Quello era Diogene il Cane. Di lui ebbe a dire il grande Alesandro: "Se non fossi Alessandro, io vorrei essere Diogene"



 LT20116

"Di come tutto si arribalta/il nord diventa sud/ lo zenit nadir"



mercoledì 19 ottobre 2016

Pomeriggio




che ti dai a risalire -strano!- le crepe 

sui muri in lunghe occhiate attente

alpinista d'interni a questo modo

straordinario fare con gli occhi 

quello che fa coi polpastrelli il geco




sabato 15 ottobre 2016

Nobel al sosia di Luigi XIII (per il momento al sosia)



Ma'  toglimi via questo distintivo

che non lo posso usare

                                            più

Sta facendo scuro, troppo scuro per me

                                                     per vederci

Mi sento come stessi bussando

                         alla porta del cielo



Ma'  metti le mie pistole dentro la terra

che non ci posso sparare

                                                  più

Quella nera nuvola lunga sta venendo

                                                     giù in basso

Mi sento come stessi bussando

                         alla porta del cielo



giovedì 29 settembre 2016

il mio omaggio a Tommaso Labranca (luigi tredici)

Tommaso Labranca per me era ossessionato dalla Perfezione delle sue e altrui Opere.
Dalla perfezione (non ) geometrica del Mondo. Qualcosa ma veramente poco lo soddisfaceva. I Kraftwerk, la Svizzera, i Sigur Ros degli esordi.
La musica minimale contrapposta al caos che ci circonda tutti, il silenzio quasi.
L'estetica Ikea del mondo contrapposta alla cucina sfarzosa di Michele Serra in alta campagna, più sei di sinistra e più sali in collina
Lui invece stava in città. Era curioso di tutto. Anche dei mille canali digitali terrestri dove vendono quadri di improbabili e probabili pittori, anelli di cattivo e buon gusto.
Un cervello attivo in maniera frenetica, operativo come quello di mille persone messe assieme, come mille lampadine accese, acceso h24 sempre più operativo.
A modo suo Tommaso era una specie di prete laico (o no) o un antiprete tipo Savonarola che avrebbe messo al rogo quasi tutti , un savonarola un giordano bruno da rogatore a rogato, da bruciatore a bruciato.
A livello dialettico impossibile tenergli testa, persino Michele Serra o addirittura Concita De Gregorio, (addirittura!) avrebbero perso una disputa dialettica con lui. Pura leggenda dialettica.
Persino Concita, con il suo aplomb , con quel suo dito sul mento per dire o quanto sono bella o quanto intelligente sarebbe soccombente.
L'uomo di oggi sa tutto sulle tariffe assicurative agevolate perchè l'uomo di oggi vuol essere sempre il più furbo.
Nei pochi coccodrilli cartacei o digitali alla sua morte dedicati, ricordo quello dell ' (improbabile) Biondillo Gianni o del più probabile Monina Michele - che era una amico davvero di Tommaso pare - non si sa come inquadrarlo: figura poliedrica, scrittore poeta...insomma non sapevano che animale fosse.
La "definizione" di Labranca  , è quella di critico  (televisivo cinematografico-   ricordo che ha collaborato per lungo tempo con  l'ottima riviista Film Tv - non con Microomeg per dire- con la sua gustosa rubrica Collateral , per qullo ho inziato a comrpare FT e non ho semsso non so dotelo al direttore ) critico musicale dal palato fine dai gusti sopraffini e sopratuttto e con un attenzione geniale e avanguardistica per la musica pop ("pop è tutto" dirà poi Mogol) 
La prima cosa bellissima che lessi di lui era la disamina di un brano di Max Pezzali "Sei un mito" in cui analizzava da un punto di vista socio-politico il rapporto tra i due protagonisti della canzone lui giovane sottoproletario con la  "A112" con l'arbre magiqu e tappetini nuovi che cannava da dio per arrivare in tempo all'appuntamento da lei in centro a Milano, lei che ha la casa libera perche i suoi (borghesi) erano a teatro o al cinema. In un analisi di una - per i Critici Letterari con La C maiuscola  - piccola canzone pop si è descritto un mondo una piccola verità, Proletariato versus Borghesia, e del come la seconda abbia sempre la meglio sulla prima.
Due righe raggiunto il cuore del problema sociopolitico, risolto.
A un genio, occorrono poche  parole (o molte).

ll libro aveva un titolo orrendo Estasi del Pecoreccio  a cui segui Neoproletariato e insomma aquistateli per voi se potete, lui è morto pare.




Post scriptum : pare che la rivista di cui ultimamente si occupava Tommaso Labranca  cioè Tipografia Helvetica farà un numero celebrativo e il critico musicale Monina mi ha chiesto di inviargli qualcosa, ovviemente per ora senza risposta. Lo ho pubblicato qui, spero non vi dispiaccia.