lunedì 31 ottobre 2016

Terminus radioso

à lire



«Ogni mese infatti, la pila andava alimentata. Si apriva il pesante coperchio che chiudeva il pozzo e si lasciava oltre la ghiera parte della robaccia parcheggiata lì per una o due stagioni, tanto per far vedere che non si agiva spinti dall’emergenza e che non ci si faceva affatto impressionare da qualche misero radioisotopo. Tavoli e sedie, apparecchi televisivi, carcasse bituminose di vacche e vaccari, motori di trattore, maestre carbonizzate, dimenticate nelle loro classi durante il periodo critico, computer, spoglie fosforescenti di corvi, talpe, lupi, scoiattoli e cerbiatti, abiti all’apparenza impeccabili, ma che bastava scuotere perché si volatizzassero in un nugolo di scintille, tubetti di dentifricio rigonfi di pasta che sobbolliva senza posa, cani e gatti albini, conglomerati ferrosi che continuavano a mugghiare in fondo alle viscere del loro fuoco, mietitrebbiatrici nuove di zecca che non avevano avuto il tempo di essere inaugurate e che a mezzanotte scintillavano come sfilando in parata sotto il sole, forconi, rastrelli, sarchietti, asce, scortecciatrici, fisarmoniche che sputavano più raggi gamma che melodie folkloristiche, assi di abete simili ad assi di ebano, stacanovisti tirati a lustro, la mano mummificata intorno al diploma, dimenticati durante l’evaquazione della sala delle feste. Registri contabili con le pagine che giravano da sole, giorno e notte. Il denaro dentro la cassa, le monete sonanti di rame che tintinnavano senza che nessuno vi si accostasse. Questo era il genere di cose che venivano scaraventate nel vuoto»


écouté



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