giovedì 5 gennaio 2017

Satori e Inconscio


"In pari tempo, la norma dello Zen è quella di una autonomia assoluta. Niente dèi, niente culti, niente idoli. 
Svuotarsi di tutto, perfino di Dio. «Se sulla tua via incontri il Buddha, uccidilo» - dice un Maestro. 
Occorre abbandonare tutto, non appoggiarsi a nulla, andare avanti, con la sola essenza, fino al punto della crisi. 
Dire qualcosa di più sul satori e fare un confronto fra esso e le varie forme di esperienza mistica e iniziatica d'Oriente e d'Occidente, è molto difficile. 
Avendo accennato ai monasteri Zen, vale rilevare che in essi vi si trascorre solo il periodo della preparazione. 
Chi ha conseguito il satori, lascia il convento e la «Sala della Meditazione», torna al mondo scegliendosi la via che più gli conviene. 
Si potrebbe pensare che il satori sia una specie di trascendenza che allora si porta nell'immanenza, come stato naturale, in ogni forma della vita. 
Dalla nuova dimensione che, come si è detto, in seguito al satori si aggiunge alla realtà, procede un comportamento per il quale potrebbe valere la massima di Lao-tze: «Essere interi nel frammento». 
In relazione a ciò, è stata rilevata l'influenza che lo Zen ha esercitato sulla vita estremo-orientale. 
Fra l'altro, lo Zen è stato chiamato «la filosofia del Samuraj» e si è potuto affermare «la via dello Zen è identica alla via dell'arco» o «della spada». 
Si vuol significare che ogni attività della vita può essere compenetrata di Zen e così elevata ad un significato superiore, ad un'«interezza» e ad una «impersonalità attiva». 
Un senso di irrilevanza dell'individuo che non paralizza ma assicura una calma e un distacco che permette una assunzione assoluta e «pura» della vita, in dati casi sino a forme estreme e tipiche di eroismo e di sacrificio, che per la maggioranza degli Occidentali sono quasi inconcepibili (vedi il caso dei Kamikazé nell'ultima guerra mondiale). 
E' uno scherzo ciò che dice lo Jung, ossia che, più di qualsiasi corrente occidentale, è la psicanalisi che potrebbe capire lo Zen, perchè, secondo lui, l'effetto del satori sarebbe la stessa interezza priva di complessi e di scissioni a cui presume di giungere il trattamento psicanalitico quando rimuove le ostruzioni dell'intelletto e le sue pretese di supremazia, e ricongiunge la parte cosciente dell'anima con l'inconscio e con la «Vita».
Lo Jung non si è accorto che nello Zen, sia il metodo che i presupposti stanno all'opposto dei suoi: non esiste «inconscio» come una entità a sè, a cui il conscio debba aprirsi, ma si tratta di una visione supercosciente (l'illuminazione, la bodhi o «risveglio») che porta in atto la «natura originaria» luminosa e distrugge, con ciò, l'inconscio. 
Tuttavia ci si può tenere al sentimento di una «totalità» e libertà dell'essere che va a manifestarsi in ogni atto dell'esistenza. 
Un punto particolare è però di precisare il livello a cui ci si riferisce."

in http://www.esolibri.it/testi/evola/Julius%20Evola%20Senso%20e%20clima%20dello%20Zen%20articolo%20di%20.pdf

ma vedi anche http://www.esolibri.it/testi/evola/Julius%20Evola%20-%20La%20dottrina%20aria%20di%20lotta%20e%20vittoria.pdf

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